domenica 12 aprile 2009

Due "chicche" da mostrare agli amici ...


Due chicche da mostrare agli amici.


Un video di "incredibile fascino" e ...
una stampante a getto ... di caffé!

Spigolando per internet si trovano cose incredibili: talvolta di impagabile bellezza, talvolta strane, talvolta così affascinanti da non poter fare a meno di mostrarle agli amici.

Ve ne proponiamo due. Anche perché la prima "chicca" richiede di visualizzare un video di circa 20 Mega (quasi 4 minuti di mpeg 4) e quindi una connessione almeno decentemente veloce.

La seconda è certamente per tutti. Partiamo quindi da questa: la stampante "ecologica" a getto ... di caffé (o di tè, se preferite).

"Non servono inchiostro né elettricità: per stampare bastano i fondi del caffé e olio di gomito" esordisce la newsletter di Zeus News dell'otto febbraio scorso.
Le stampanti inquinano: toner e inchiostri non sono proprio materiali eco-compatibili, e poi c'è da considerare la corrente necessaria per stampare anche solo poche pagine.
Invece, i fondi di caffé e l'olio di gomito sono decisamente più economici ed ecologici.

La Riti Coffee Printer è una stampante che, per riprodurre su carta testi e immagini usa i fondi di caffé avanzati (ma va bene anche il té) e non ha bisogno di essere collegata alla presa elettrica: la "testina di stampa" deve essere spostata a mano dall'utente stesso, avanti e indietro, fino a che il lavoro non è completo.
Quando abbiamo letto questa notizia, lo confessiamo, abbiamo pensato alla solita bufala; alla boutade di qualche bontempone.Poi abbiamo trovato un link che ci ha fatto scoprire che a New York il 27 Febbraio prossimo si premieranno i dieci migliori "oggetti verdi" (green gadgets) progettati e proposti a questa competizione ecologica. E la stampante a getto di caffé è lì, tra le 50 nomination, in attesa di essere votata e scelta da voi.

A dire il vero un dubbio ci è rimasto. Secondo noi la stampante gusto-caffé NON è un "prodotto" ma solo un "progetto". Sicuramente (mah?!?) abbastanza dettagliato e realizzabile ... ma non ancora realizzato. Ci chiediamo se ne esista almeno un prototipo. Le immagini che vi proponiamo e che abbiamo scaricato dal sito di "Green Gadgets", sembrano tanto dei buoni "rendering" di un software grafico piuttosto che delle vere foto.

Comunque un giro su quel sito ( partendo da qui) ve lo consigliamo, se avete un po' di tempo per rilassarvi, per dare un'occhiata alla stampante e alle altre "idee verdi" che competono in quella gara. Alcune davvero interessanti.

E ora invece ... passiamo all'arte! 

h sì! è proprio un'opera d'arte, a nostro avviso, questa animazione realizzata, nel 2006 alla MFA Computer Art, School of Visual Arts di New York, da Goo-Shun Wang.

Il titolo “Hallucii” già vi fa pensare a qualcosa che metterà in dubbio la capacità del nostro cervello di comprendere tutto quello che i nostri occhi vedono.

Se da bambini vi è piaciuto "Alice nel paese delle meraviglie (e ancora aspettate di ... incontrare il Bianconiglio?), se oggi vi piacciono gli oggetti "impossibili", le stampe e i disegni di Escher, se avete letto (e vi è piaciuto) "La Biblioteca di Babele"(*) di Borges e siete rimasti affascinati dai disegni frattali e dai fenomeni scale-independent ... allora ...

... allora questa animazione fa proprio per voi. E' un concentrato di ricorsività, frattalità, infinità, impossibilità, autoreferenzialità e tanti altri "...ità" da far impazzire un saggio.

Se talvolta vi capita di aver bisogno ... di un ansiolitico, beh! prendetene uno e godetevi questa
versione "YouTube".

Ah! una raccomandazione: guardatela fino all'ultimo fotogramma. L'animazione finisce lì!

(*) La Biblioteca di Babele - L'universo (che altri chiama la Biblioteca) si compone d'un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, bordati di basse ringhiere. Da qualsiasi esagono si vedono i piani superiori e inferiori, interminabilmente. La distribuzione degli oggetti nelle gallerie è invariabile. Venticinque vasti scaffali, in ragione di cinque per lato, coprono tutti i lati meno uno; la loro altezza, che è quella stessa di ciascun piano, non supera di molto quella d'una biblioteca normale. Il lato libero dà su un angusto corridoio che porta a un'altra galleria, identica alla prima e a tutte.
...
...
(Jorge Luis Borges - 1941)


Crescita, Crisi e ... Contadinità


Aggiungere, a piacere, un pizzico di Comunismo e di Capitalismo


Una volta, quando la miseria era tanta, dare del "contadino" a qualcuno, in Toscana, era una grave offesa. Oggi tutti, in quelle contrade, accettano l'epiteto come un complimento.

La prosperità, talvolta, ha effetti collaterali eccellenti.

Secondo Francesca Colombini Cinelli, di antica famiglia Montalcinese e "signora del Brunello", la "contadinità" è una qualità della persona (di cui si "deve" andare orgogliosi) che la spinge a dare valore e "rispetto" a certi aspetti della vita che oggi, imbevuti come siamo di efficienza, rapidità, industria, metropolismo, ... trascuriamo o consideriamo addirittura deteriori.

Stiamo parlando dei ritmi e dei tempi della natura, dell'onestà (intellettuale e non), del rispetto degli altri (soprattutto dei più deboli), della "parsimonia" (no! non dell'avarizia), del rifuggire lo spreco, della solidarietà. I mezzadri di cinquant'anni fa non sarebbero sopravvissuti alla miseria feroce di quei tempi se non avessero avute "radicate" quelle qualità.

"Com'è bella la città ... com'è grande la città" cantava con sarcastico rimpianto Gaber. "Piena di luci e di colori e di vetrine e di scale mobili. Con tanta gente che lavora, con tanta gente che produce ...".

Beh! noi ci sentiamo contadini-dentro e ne andiamo orgogliosi.

Oggi, soprattutto, che ci arriva sul groppone questa crisi economica.
Viene dall'estero, ci dicono. Non dipende da noi. Mah!? ... C'è ancora un "estero"?

Una vita passata in IBM, con obiettivi che - ogni anno - dovevano crescere a "due digit", tante volte ci aveva spinto a pensare: "... ma perché non possiamo frenare questa crescita frenetica? Non potremmo fermarci e goderci un po' questo stato di benessere?".

Lo stipendio era buono ... ma perché per metterci in tasca gli stessi soldi dell'anno precedente dovevamo sempre vendere il venti percento in più?. (Prendete nota. Ritroveremo questa frase poi).
Saranno stati gli studi da ingegnere (e non da economista) o la connaturata ... "contadinità" ... ma noi quella "necessità di crescere sempre" non eravamo mai riusciti a digerirla. Però non c'era tempo per fermarsi ad analizzare il problema. Dovevamo correre e produrre per quella crescita a due digit.

"Execute" era il motto. Erano finiti i tempi del "Think" che campeggiava sul retro della targhetta col nome, sulle scrivanie dei nostri manager al momento della nostra assunzione.

Poi nostro figlio ha voluto laurearsi in economia e commercio. ... Ecco! quello era il momento per approfondire il tema e riuscire finalmente a capire "perché" non crescere doveva equivalere a morire.

Ci abbiamo provato con impegno: abbiamo studiato Keynes e i post-keynesiani, la Robinson, Ciccone, Vianello, Kalecki e Lavoie. ... Con poco profitto, evidentemente!

Abbiamo solo capito che, per tutti, la crescita era una "necessità" e che l'unica cosa che differenziava una teoria dalle altre era "a spese di chi". Alcuni cercavano di dimostrare che l'unico modo per crescere era tramite la riduzione dei salari dei lavoratori e l'aumento del tasso di profitto - da reinvestire, ovviamente -, altri - Kalecki, nel caso, e pochi altri - cercavano di dimostrare che si poteva crescere anche aumentando i salari e che quella crescita era più stabile e sicura dell'altra. Anche se, forse, meno rapida.

Beh! dai testi sacri non abbiamo però capito "perché". Per averne una vaga idea abbiamo dovuto ricorrere - come spesso ci è successo - al nostro pochi, poveri, esauriti, neuroni.

Allora ... dicevamo ... lo stipendio - in IBM - era buono ... ma perché per metterci in tasca gli stessi soldi dell'anno precedente dovevamo vendere il venti percento in più?

Il mercato "tirava" e riuscivamo a farlo. Sempre con un po' più di sforzo, ma riuscivamo a farlo!

Qui forse era la spiegazione dell'arcano: "il mercato tirava".
Che sarebbe successo se noi non fossimo riusciti a crescere "almeno tanto quanto il mercato tirava"? Probabilmente "qualcun altro" sarebbe cresciuto più di noi, per compensare la nostra incapacità di soddisfare le richieste del mercato e, come si dice, avremmo "perso share". Avremmo perso importanza e la capacità, allora enorme per IBM, di dominare e influenzare il mercato.

Una spiegazione un po' ... da contadini, lo ammettiamo. Però almeno in parte ci convince. Ma torniamo al mercato "globale" di oggi e alla nostra crisi economica.
Tagliando i concetti con l'accetta, il mercato appare un po' come un sistema di vasi più o meno comunicanti in cui i beni richiesti vengono acquisiti da chi è in grado di produrli nel modo "più appetibile" (per costo, qualità, rapporto prezzo-qualità, aderenza alla moda, ecc.). Se la richiesta del mercato cresce (e cresce! Quanto meno perché cresce il numero di umani-consumatori, ma molto meglio - e qui siamo d'accordo con Kalecki - se cresce "anche" perché cresce la capacità di spesa degli stessi umani-consumatori) è "necessario", pena l'estinzione, crescere almeno quanto il mercato (di più: si guadagna share; di meno: si perde).

Tanto per fare un esempio: con l'avvento dei PC negli anni '80 il mercato dell'informatica si è messo a "correre" ad una velocità che IBM non è riuscita a mantenere. Ogni anno, in IBM, si brindava alla crescita del 25% ... con un mercato che cresceva del 50-70%. Lo share, in pochi anni, è crollato in maniera paurosa.

Vabbeh! direte voi, ma questa crisi allora da dove arriva? ... se tutto cresce! ...

Proviamo così: ... Nel mondo ci sono individui poveri e individui ricchi, paesi poveri e paesi ricchi. Il "mercato" con i suoi modelli a vasi più o meno comunicanti (ci sono sempre le politiche protezionistiche, i dazi, i nazionalismi, ecc.) tende a rendere più appetibili (almeno per il costo) i prodotti dei paesi più poveri e - malgrado i protezionismi - alla lunga tende ad equilibrare anche la ricchezza dei vari popoli. Questo è l'aspetto positivo della "globalizzazione". Positivo per i paesi più poveri, s'intende!

Ai paesi più ricchi resta la scelta: o cavalcare la tigre della globalizzazione, approfittando dei vantaggi (nuovi mercati e nuovi consumatori, ma con una perdita di share e di importanza) o ... decidere - finché si è i più forti - di "schiacciare" (annientare?) il più debole con mezzi più o meno condivisibili.

La crisi, secondo noi, non viene dal mercato ma da "questo modello" di mercato. Se il comunismo ha fallito il suo obiettivo di garantire crescita e benessere di un paese, certo oggi - a guerra fredda conclusa - il modello capitalista (almeno quello del "mercato che si controlla da solo") non sta facendo una gran bella figura!

Il mercato ha dimostrato ampiamente (le ultime "dimostrazioni" sono proprio di questi giorni), a nostro avviso, di non sapersi controllare da solo neanche un po'. La finanza a-ruota-libera, le "matriosche aziendali", le "piramidi", i paradisi fiscali, le bolle speculative, le vere-e-proprie-truffe ai danni dei risparmiatori, stanno rivelandosi sempre più frequenti e gravi. Come durante la peste manzoniana ... ogni tanto - sempre più spesso - scoppia qualche bubbone purulento e chi ne fa le spese è, quasi sempre, il cittadino onesto, lavoratore, risparmiatore.

Ma attento, o popolo di "furbetti"! La storia non ha memoria di "vittorie durature" ai danni dei ... contadini-dentro!

P.S. Chiediamo umilmente perdono a tutti coloro che, esperti di economia, mercato, crescita, recessione, ecc. ecc. sicuramente considereranno una banalità e un "accrocco" questo schizzo-in-due-minuti della realtà attuale. Siamo coscienti dei limiti di questa rapida analisi ... ma a noi è bastata per "capire" l'essenza. Il resto, a nostro modesto avviso, sono ... quisquiglie ... pinzillacchere (Totò).

Questo vuole essere solo uno spunto di riflessione, ovviamente. Su come si esce dalla crisi - e se ne uscirà, state certi - potete trovare qualcosa negli altri articoli di questa newsletter, che abbiamo scritto ... prendendo, a nostra volta, spunto dalle considerazioni di esperti più qualificati di noi.


Fold-it: Piegare proteine per gioco aiuta la scienza


Da un progetto dell'Università di Washington
un "gioco" per contribuire al progresso scientifico!

Ebbene sì, lo confessiamo, abbiamo passato l'estate a cercare telline a mani nude e a ... "piegare" proteine!

La prima attività ha causato un grande godimento alle papille gustative e l'immancabile innalzamento del peso corporeo di quasi 4 chili (porzioni da due etti di spaghetti ... che vergogna!), la seconda - pur tra i lazzi, i frizzi e gli sfottò di amici e parenti - un divertimento stimolante (la "gara" è avvincente) ed un aumento delle nostre conoscenze su proteine, aminoacidi e ingeneria genetica.

In breve: le proteine sono delle (di solito lunghe) catene di aminoacidi (elementi chimici a base di carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto e zolfo) e, qui sul nostro pianeta, sono alla base della vita.

La formula chimica di una proteina è quasi sempre nota. Quello che invece non è noto è come questa lunga "salsiccia" di aminoacidi resta "aggomitolata" su se stessa (la terminologia, noterete, è squisitamente "tecnica". Da esperto insomma!).
Eppure il modo in cui la proteina è aggomitolata (appunto!) è fondamentale, perché ne determina le caratteristiche più "utili alla vita". Ad esempio: le catene periferiche della stessa che si trovano all'interno sono inefficaci nella "relazione" con l'esterno, con i farmaci, con altre proteine, ecc. Quelle che contano sono le "appendici" rivolte verso l'esterno ... ed è fondamentale sapere quali sono.

Centinaia - forse migliaia - di progetti di ricerca cercano di stabilire come sono "piegate" le proteine ed utilizzano ... la forza bruta!

In altre parole: le provano tutte!

Per fare questo utilizzano super-computer da centinaia di milioni di Euro, o sistemi di "Grid Computing" in cui il lavoro è "parcellizzato" e distribuito a migliaia di PC "volontari" che lavorano sotto-sotto (in background) senza che neppure ve ne accorgiate (del World Community Grid di IBM abbiamo già parlato in una precedente news ).

I ricercatori dei Dipartimenti di Computer Science & Engineering e di BiochimicaUniversità di Washington stanno cercando, invece, di capire se può essere utile coinvolgere gli "umani" in questo processo, per sfruttare la nostra capacità di sintesi e di valutazione "visuale" (della probabilità di una certa configurazione del "gomitolo" della proteina).

Hannno quindi inventato un gioco - il
dell'"fold-it" appunto - con il quale, in rete o off-line, ci viene data l'opportunità di "piegare" una singola proteina (proposta dal gruppo di ricerca, ovviamente) con uno strumento di grafica tridimensionale davvero ben fatto.

Il tutto in "gara" con altri (folli?) piegatori. Se siete on-line vivrete l'emozione di superare in classifica qualcun altro, la rabbia di essere superati, la frustrazione di non vedere crescere il vostro punteggio (... quando altri hanno duecento punti più di voi!) e la gioia di effettuare appassionanti rimonte.

Il punteggio ottenuto riflette, riteniamo, l'energia totale del "gomitolo" di proteina che, immaginiamo, deve essere la minore possibile (... o la maggiore ? mah!?!).
Dopo alcuni giorni in cui una proteina non riesce a migliorare il proprio punteggio, gli organizzatori la tolgono dal "gioco" e ne propongono altre. Quella configurazione individuata dai contendenti come la migliore viene "restituita" al gruppo di ricerca per le verifiche di laboratorio (se corrisponde a quella "reale" reagirà in maniera opportuna agli esperimenti di verifica). In caso di fallimento viene riproposta ai "giocatori" con una diversa configurazione di partenza.

Se vi dice bene (un po' di fortuna ci vuole, è vero) potrete avere la soddisfazione di vincere la gara. A noi è successo una volta con la "75: Antifreeze Protein". Una proteina con 65 catene secondarie. Chissà se abbiamo individuato la configurazione reale!?

Ora immaginatevi la scena: Sette di mattina, fresco piacevolissimo, il tavolo di un bar in riva al mare, cornetti ancora caldi ripieni di crema, un cappuccino, il PC acceso e collegato a internet (Nokya 6630, UMTS e tariffa flat di TIM da 25 Euro/mese) ... e un paio d'ore di FOLD-IT!

Una pacchia, prima di andare ad arrostirsi sulla spiaggia o, in mare, a "raspare" telline nella sabbia!

P.S. Se volete provarci anche voi (basta registrarsi e scaricare il programma 3D) questo è il link al sito del progetto .


Ma il nucleare conviene davvero?


Costa più il "petrolio" o il "nucleare"?


Il mistero del "confronto impossibile"

Ma insomma OGGI (petrolio a 150 dollari al barile) il nucleare conviene o no? La domanda sembra quasi cretina per la sua semplicità.
Con tutti gli scienziati che ci sono nel mondo volete che non ce ne sia uno che sappia fare "due conti della serva" e dirci se oggi costa di più un Kilowattora ottenuto da una centrale a gas o quello ottenuto da una centrale nucleare?

Sembra che non ci sia! E questo è un tarlo che ci rode da tanto tempo!

Eppure dovremmo essere capaci anche noi di mettere due conti in croce! Un bel po' di tempo fa qualcuno, in quel di Pisa, ci diede, con lode e abbraccio accademico, una laurea in Ingegneria Meccanica. Molti colleghi "normalisti", ignari del fatto che di lì a non molto ci sarebbe stato un referendum in materia, avevano scelto un ramo diverso: Ingegneria Nucleare. Erano dei veri e propri genii e quando parlavano di raggi gamma e fotoni ... provavamo un deciso complesso di inferiorità!

La ricorrente diaspora degli studenti "pisani" (in realtà quasi nessuno di noi era di Pisa) ci ha portato a seguire le strade più disparate e loro, cessato l'impegno dell'Italia nel nucleare, hanno dovuto utilizzare i loro preziosissimi neuroni per qualcosa di diverso (qualcuno, tenace, è "emigrato" in Francia). Noi, invece, dimenticate in fretta le equazioni di Mueller Breslau, ci siamo dati all'informatica e alla "divisione dei bit" e, piano piano - pensavamo - avremmo anche smesso di pensare al costo del Kilowattora-nucleare.

Non è stato così.

E' vero! non abbiamo mai potuto dedicare alla questione tanto tempo e gli amici "nucleari" erano tutti troppo lontani per porre loro la domanda (è una balla! qualche volta ci siamo incontrati ... ma abbiamo parlato di donne e di ricordi. ... O di ricordi-di-donne? ... Mah?!?).

Eppoi, in fin dei conti, qualcuno, prima o poi, alla televisione (magari il solito, adorato, Piero Angela) avrebbe dissipato il dubbio.

Macché! Sembra che lo facciano apposta, nessuno ce lo vuole dire!

Ieri abbiamo avuto la fortuna di partecipare ("assistere come un baule" sarebbe l'espressione più giusta) ad una riunione di cervelli (tra i più "fini" che abbiamo in Italia, credetemi) che discutevano di reti elettriche.

Il discorso è caduto - a un certo punto, quasi per caso - sulla convenienza economica delle centrali nucleari. Un uomo politico (uno dei non-molti che abbiano "fatto" cose intelligenti - e non solo "proposto di fare" - quando erano al governo) ha fatto la domanda che noi - ritenendola banale - non avevamo il coraggio di fare: "Vabbé! ma qual è il prezzo del petrolio che rende indifferente - da un punto di vista economico - la scelta tra gasolio e nucleare?".

Silenzio di tomba! Eppure, secondo me, doveva esserci tra loro qualcuno "con la risposta in tasca". Magari approssimativa ... ma lì, pronta per essere tirata fuori. ... NIENTE ...

Non è possibile, ci siamo detti, è un mistero! Vuoi vedere che la risposta, semplicemente, non c'è!
E se non c'è ... perché non c'è?

E' il nostro solito vizio: non smettiamo mai di farci domande. Dovrebbe avere un nome questa sindrome psicotica. Chissà!
Abbiamo provato a fare qualche (penoso?) sforzo per svelare il mistero. Ecco qua!

Partiamo da zero:
Per sapere quanto costa il Kilowattora-petrolio (per essere più precisi: il Kilowattora-tradizionale (media ponderata delle varie fonti tradizionali: idroelettrico, gas, gasolio, carbone, he-he-he solare, he-he-he eolico) dovrebbe essere semplice.

Almeno in prima approssimazione: si prenda il totale delle bollette degli Italiani, si tolgano le tasse e la stima dei profitti dei gestori-distributori (Enel e compagni), si divida per il totale dei Kilowattora fatturati ed ecco là - bello chiaro - il costo del Kilowattora-tradizionale. Troppo approssimativo? Accontentiamoci!

Proviamo a fare lo stesso per il Kilowattora-nucleare. Qui son dolori! Dobbiamo cominciare con le domande.

Nucleare come? Centrali di seconda o terza generazione? (la prima non ci interessa più, della quarta ne riparliamo tra una ventina d'anni almeno).

Con riprocessamento delle scorie o senza?

Allora ... diciamo: una media ponderata delle varie situazioni attuali (se vogliamo fare i calcoli con quello che c'è e non con quello che deve venire). Il che vuol dire: quasi tutti della seconda generazione (quelli della terza sono pochissimi).

Se vogliamo considerare i reattori di 3a generazione le cose cambiano un pochettino (potrebbero cambiare di più considerando quelli di 3.a+ - soprattutto il modello ESBWR - "E" sta per "economic" - che sono però ancora in fase di progettazione e non ci sono) ' ... ma tutti i numeri relativi ai costi diventano alquanto incerti.

Potremmo anche farlo, tanto, come vedremo in seguito, non sappiamo nemmeno come ammortizzarli questi costi.

Di quale paese consideriamo le bollette?
Ancora la Francia, per esempio, (che ha, se non ricordo male, il 76% di energia elettrica prodotta col nucleare)?

Fermi tutti! Qui il conto non riusciamo più a farlo ... se vogliamo un confronto "omogeneo" con il caso del "tradizionale". Quando stimiamo il profitto del gestore dobbiamo tener presente che, in Francia (ma la situazione credo che sia analoga anche per gli altri paesi europei), le centrali non sono costruite dai gestori ma dallo Stato (ricordiamoci che la Francia è un paese con armi nucleari) ed il relativo costo (ammortizzabile?) non lo vengono certo a dire a noi! E, anche se ce lo dicessero, quale parte imputare alla "Difesa" e quale parte all'uso "Civile" di produzione dell'energia elettrica?

La soluzione si allontana.

Nota Bene: Negli USA, a dire il vero, le centrali sono private ... ma gli incentivi statali sono altissimi (8 miliardi di dollari + 18 miliardi di dollari in prestiti garantiti!) per gli investimenti in nuove centrali. Quindi il discorso non cambia.

Il fatto che, malgrado tutto, da tanti anni non si stiano costruendo nuove centrali (con pochissime eccezioni) - neppure negli USA - dovrebbe dirci qualcosa sulla scarsa "convenienza economica" di questi investimenti. ... Almeno fino ad ora.

Ma non basta: e le scorie?
Se vogliamo un confronto "omogeneo" ecc. ecc. dobbiamo ricordarci che nel caso del "tradizionale" abbiamo considerato nella stima dei profitti dei gestori anche i costi dello smaltimento dei rifiuti generati (ceneri e chissà cos'altro).

Ed il costo dello smaltimento delle scorie nucleari? Non si può stimare?

Amici miei, non sappiamo nemmeno COME smaltire le scorie nucleari! Come potete pensare di saper calcolare QUANTO costa?
Al massimo, considerando che le scorie non le stiamo smaltendo, ma solo accumulando (stoccando, bleah!), possiamo calcolare quanto ci costa - anno dopo anno - questo "accumulo" di scorie.
Per ora! ... ma mica possiamo pensare che "prima o poi" non ci costerà, eh?!? E di questo costo "indefinito" dovremmo tener conto.

Qualche indicazione in più, in materia, potete trovarlo in un interessante articolo sul "riciclaggio del combustibile nucleare", nell'ultimo numero (Luglio 2008) di "Le Scienze".

La soluzione si allontana tantissimo.

Finita qui? Un accidente!
E della centrale nucleare arrivata a fine-vita che ne facciamo?

I costi di dismissione (smantellamento e bonifica del territorio. Delle scorie abbiamo detto sopra) sono enormi.

Ad esempio. per costruire la centrale nucleare di Maine Yankee negli anni '60 gli Stati Uniti investirono 231 milioni di dollari (attualizzati ad oggi). Quando, recentemente, questa centrale ha terminato il suo ciclo produttivo per smantellarla sono stati allocati ... 635 milioni di dollari!

In Italia, solo per smantellare le quattro centrali nucleari esistenti l'International Energy Agency ha stimato un costo pari a 2 miliardi di dollari.
Anche se guardiamo alla "gestione" ci viene da pensare che la "filiera" in cui è inserito il processo produttivo di una centrale nucleare (impianto di fabbricazione del combustibile, eventuale impianto di riciclaggio del combustibile esaurito, ecc.) produce molte cose utili alla difesa (per le armi nucleari, ovviamente, non per gli scarponi della fanteria). E' questo un prodotto secondario (o è secondario il prodotto "energia elettrica", mah?!) che genera un "profitto" che non esiste nella produzione tradizionale di energia elettrica e che influisce anch'esso sul costo del Kilowattora.

Chissà come viene imputato nella "contabilità" dell'intero processo nucleare!?

Stringendo: la "contabilità" della progettazione-costruzione-gestione di una centrale nucleare è (e rimarrà, non solo per motivi politico-militari, ma anche ... contabili) immersa nella nebbia fitta, perché una centrale nucleare non è SOLTANTO un sistema di produzione di energia elettrica e la ripartizione di costi e benefici è effettuata con scelte "politiche".

E' forse questo - riteniamo - che rende impossibile un confronto attendibile con il sistema tradizionale di produzione di energia elettrica.

Il risultato? Ognuno potrà "dimostrare" quello che crede meglio in merito alla convenienza economica del nucleare rispetto alle altre fonti.

State certi, quando un governo deciderà che il nucleare "è conveniente" non avrà alcuna difficoltà nel sostenerlo. E gli oppositori non avranno alcuna difficoltà nel sostenere il contrario.

A noi (che a suo tempo votammo "contro" il nucleare) oggi piacerebbe una soluzione, non demagogica, che tenga conto:
  • dei pericoli (gravissimi, ma con bassissima probabilità) del nucleare,
  • dei pericoli (gravi e molto probabili, della "dipendenza" da una sola fonte (esterna) di energia (petrolio, gas, carbone o uranio che sia),
  • del fatto (certo) che queste fonti - eccettuato il carbone - si esauriranno abbastanza presto. Uranio compreso,
  • dei pericoli (gravi e molto gravi e molto probabili) dell'inquinamento derivante da alcune fonti (petrolio, carbone),
  • dei benefici del risparmio energetico su tutti i fronti (edilizia ed elettronica, soprattutto, dove gli spazi di miglioramento sono amplissimi),
  • del costo alto (molto alto, ma senza alcun pericolo) dell'energia solare e eolica,
  • della inesauribilità di queste ultime fonti (ditemi voi se è poco questo!) e, con un occhio al futuro,
  • degli enormi benefici ma con costi e tempi molto incerti della "fusione" nucleare.
    E qui noi Italiani potremmo dirla lunga!
    Per fortuna, in questo campo, malgrado i finanziamenti da poveracci, Enea e altri enti di ricerca non hanno mai smesso di lavorare.
Tanto per "giocare" e dando dei numeri "a braccia", a noi piacerebbe che, per i prossimi 20 anni, si puntasse, a livello europeo e considerando la "anomalia" del caso francese, a qualcosa di questo tipo (siano comprensivi, per favore, gli esperti!):
  • Non più del 35% di energia da gasolio, carbone, gas (con prevalenza di quest'ultimo), con attiva ricerca per ridurre l'inquinamento;
  • almeno un 35% di energia pulita solare, eolica, geotermica e idroelettrica. Con ricerca intensa, pubblica e privata, per aumentare l'efficienza della captazione. Anche il solare termico porta a ridurre la bolletta elettrica, anche se non produce elettricità, e va quindi sviluppato;
  • non più del 30% di nucleare, dismettendo nel tempo i reattori di 2a generazione (francesi soprattutto) e utilizzando nel breve periodo reattori di 3a generazione e partendo con la 3a+ (per il lungo periodo) e la 4a per il futuro successivo.
    Ricordiamo infatti che, a livello europeo, oggi siamo al 35%, grazie alla Francia. Le centrali di 2a generazione d'oltralpe dovrebbero quindi essere nel tempo smantellate e parzialmente sostituite con centrali di 3a e 3a+.
    A livello mondiale oggi siamo al 16% ed è plausibile puntare al 20%).
  • Investimenti intensi di ricerca pubblica e privata nelle centrali a fissione di 4a generazione e nella fusione nucleare.
  • Investimenti di ricerca privata (incentivata) per il risparmio energetico.
  • Investimenti di ricerca privata (incentivata) per aumentare l'efficienza del solare e dell'eolico.
  • Investimenti di ricerca pubblica-privata per la riduzione dell'inquinamento da combustibili fossili.
Troppo ambizioso ?!?

Nucleare sì ... nucleare no ..., m'ama ... non m'ama ..., nucleare sì ... nucleare no ...


Oggi ci gira la testa!


NO! Non ci sono trucchi elettronici.


Gli occhi "osservano" ... ma è il cervello che "vede"!


Questa maschera che ruota è una versione gif-animata di una mpeg (286 Kb), di migliore qualità che potete scaricare e vedere con Win Media Player o altro programma analogo.

Noi ne siamo rimasti affascinati e (come farete voi. Ne siamo certi!) abbiamo pensato che, essendo una immagine costruita al computer, fosse stata fatta apposta (con un artificio) per apparire sempre positiva (e che ruota, quindi, ora in un senso, ora nell'altro).

Non è così. Con molto sforzo si riesce anche ad immaginare (per qualche istante soltanto) che il retro della maschera sia ... quello che è: semplicemente "il retro di una maschera".

O, per essere più esatti, la ricostruzione computerizzata in 3D del retro di una maschera.

Per gli specialisti: il rendering è fatto al computer, impostando una luce fissa e costante, con un normale programma di grafica tridimensionale.

Ma, vi avvertiamo, il vostro cervello si rifiuterà di riconoscerlo! E' talmente condizionato a "vedere" volti positivi (cioè "nasi" che vengono verso di voi e non infossati in un volto) che non riuscirà a fare a meno di farlo. Il risultato è che vedrete un volto, sempre positivo, che ruota ora in un senso e ora nell'altro.

La spiegazione sta nel fatto che quando si rappresentano su un piano (quello del vostro monitor) immagini tridimensionali, talvolta si ottengono immagini "ambigue". Immagini, cioè, che possono essere interpretate (dal cervello) in più di una maniera. E' questo il caso del "retro" della maschera che può essere interpretato in due modi (uno positivo e uno negativo) ... solo che il vostro cervello si rifiuta di accettare uno dei due.

Dovete avere pazienza, con il vostro cervello!

Non ci credete ancora vero? Per convincervi non abbiamo che un mezzo: farvi vedere un effetto simile con una maschera "vera" (di plastica insomma).

Forse questo video di YouTube, anche se non di eccezionale qualità, riuscirà a convincervi.

Pensate che il retro della maschera colorato forzi il cervello a vedere un volto positivo dove non c'è? Allora guardate quest'altro video, con una maschera di Einstein ... senza colori.

... oppure questa maschera che gira - di plastica anche questa - di Charlot. Stavolta i colori ci sono ... ma solo sul dritto della maschera.

Malgrado questo, il retro continuerà a sembrarvi positivo

Non pensate che queste illusioni ottiche siano solo "un giochetto". In realtà sono oggetto di studi approfonditi per capire come funziona il nostro cervello.

All'Istituto Max Planck per la cibernetica biologica dell'Università di Tubingen si fa sul serio. Se siete interessati questo è il loro sito.

... ci ritroverete anche la nostra maschera che gira!


Un'illusione ottica incredibile


L'illusione ottica "Asincronia per contrasto" è una di quelle che vi fanno mettere in dubbio la funzionlità dei vostri occhi e del vostro cervello ... ma leggete sotto!


Siamo sicuri che, anche a voi, i due dischi piccoli centrali appaiono lampeggiare alternativamente.
Beh! NON E' COSI'. I due dischi piccoli centrali, in realtà, lampeggiano insieme. L'effetto è dovuto al contrasto con i due dischi più grandi che li circondano.
Se cliccate sulla barra inferiore "Add/remove surround", che fa scomparire quei dischi maggiori ... vedrete voi stessi!